CONTRAFFAZIONE MARCHIO ONLINE: LA RESPONSABILITÀ DELL’INSERZIONISTA

La Corte di Giustizia UE (CGUE, Sentenza 3 marzo 2016, causa C-179/15) ha stabilito che non è responsabile di contraffazione di marchio l’azienda che dimostri di aver fatto tutto il possibile per eliminare inserzioni online che associno il proprio nome al marchio altrui, se il gestore del sito internet non dà seguito alla relativa richiesta di cancellazione.

La vicenda nasce dalla contestazione di Daimler alla convenuta Együd Garage, società ungherese di vendita, riparazione e manutenzione autoveicoli, relativa all’uso non autorizzato del marchio Mercedes-Benz in inserzioni online. Infatti, nonostante la risoluzione del contratto di assistenza che vincolava le parti fino al 2012, numerosi annunci pubblicitari presenti in rete continuavano ad indicare la convenuta quale “Officina autorizzata Mercedes-Benz”.

Daimler ha quindi chiesto al giudice ungherese di accertare la contraffazione del proprio marchio Mercedes-Benz mediante detti annunci e di ingiungerne la cancellazione.

Tuttavia, la convenuta ha dimostrato di aver richiesto la modifica dell’annuncio inizialmente commissionato affinché non la indicasse più quale «officina autorizzata Mercedes-Benz», ma nonostante ciò, annunci online contenenti una tale dicitura hanno continuato ad essere diffusi su Internet.

Il giudice di merito ha pertanto chiesto alla CGUE se la normativa comunitaria (Direttiva  2008/95/CE) consenta al titolare del marchio (Daimler) di pretendere da una ex controparte contrattuale di avviare iniziative incisive per evitare di arrecare pregiudizio al proprio segno distintivo.

In primo luogo, la sentenza in esame conferma che la messa in rete su un sito Internet di ricerca di un annuncio pubblicitario che menziona un marchio altrui è imputabile all’inserzionista che ha commissionato tale annuncio e su istruzione del quale il gestore di tale sito, in qualità di prestatore di servizio, ha agito.

Precisa, tuttavia, che non possono, essere imputati a tale inserzionista atti o omissioni del prestatore che, deliberatamente o per negligenza, non tiene conto delle istruzioni espressamente fornite da detto inserzionista volte, precisamente, a evitare l’uso non autorizzato del marchio altrui.

Né l’inserzionista può essere ritenuto responsabile di atti autonomi di altri operatori economici, con cui non intrattiene nessun rapporto diretto o indiretto e che agiscono di loro propria iniziativa e in nome proprio. I giudici riconoscono come la permanenza degli annunci contestati su siti internet non commissionati dalla convenuta, sia conseguenza della diffusa pratica di riprendere annunci pubblicati su altri siti Internet, all’insaputa e senza il consenso dell’inserzionista, per promuovere l’uso del proprio portale.

In tali casi, la comparsa della dicitura contestata su motori di ricerca non può più essere considerata un uso del marchio da parte dell’inserzionista, che non può quindi essere obbligato ad intraprendere iniziative volte a cancellare su internet gli annunci non commissionati.

La sentenza in commento pone quindi dei limiti agli strumenti di azione riconosciuti al titolare del marchio in caso di violazione del brand online.

Alla luce delle sempre più frequenti fattispecie di contraffazione del marchio in internet, diventa di fondamentale importanza per il titolare dei diritti provvedere ad un monitoraggio continuo della rete. Strumenti quali la sorveglianza online ovvero la sorveglianza dei nomi a dominio consentono infatti un controllo in merito all’uso non autorizzato del proprio segno distintivo in internet, permettendo al titolare dei diritti di valutare possibili azioni di tutela dei propri interessi.

Fonte: www.ecommercemagazine.it

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