Esselunga, la mina debito sul riassetto di famiglia

Moody's taglia il rating a «junk», preoccupano i costi e l'impatto del Covid per i supermarket in Lombardia

Scivolone nel riassetto Esselunga. A una settimana dall'accordo «di famiglia», arrivato dopo anni di lotte intestine, Moody's boccia l'operazione con la quale Marina Caprotti e Giuliana Albera (seconda moglie del fondatore Bernardo Caprotti) sono diventate azioniste uniche del gruppo di supermercati che nel 2019 ha registrato vendite per oltre 8 miliardi. L'agenzia ha declassato il gruppo da Baa2, ancora in area «investment grade», a Ba1, la fascia speculativa riservata ai junk bond, i titoli definiti «spazzatura», con previsioni stabili. Una sorta di bocciatura che ha al centro il debito. L'operazione con cui sono stati liquidati i figli «di primo letto» è, infatti, avvenuta con un leveraged buyout, in pratica mediante lo sfruttamento della capacità di indebitamento della società stessa. Una scelta che la storia finanziaria ci insegna spesso finisce per arricchire solo chi ha incassato e ne è uscito per tempo: in questo caso, Violetta e Giuseppe Caprotti che hanno portato a casa 1,83 miliardi, un prezzo che valuta Esselunga 6,1 miliardi, ed è l'esito di un arbitrato in cui i «figli uscenti» risultano, di fatto, vincitori.

La bocciatura, spiega Moody's «riflette il debito significativo e la conseguente maggiore leva finanziaria che Esselunga dovrà sostenere per facilitare l'acquisizione della quota del 30% da parte dei suoi azionisti di maggioranza».

A portare a termine l'operazione sarà una società di nuova costituzione, Superit Finco Spa, interamente di proprietà degli azionisti di maggioranza. La transazione dovrebbe concludersi ad aprile e sarà finanziata attraverso un'iniezione di liquidità da 535 milioni da parte degli azionisti di maggioranza e un debito bancario di oltre 1,3 miliardi: un prestito ponte da 550 milioni con una scadenza massima di 15 mesi; una linea di credito da 762 milioni, con scadenza di sette anni.

Il tutto, passaggio fondamentale, si concluderà con il classico «accorciamento della catena di controllo»: le società controllanti saranno fuse in Esselunga e, di conseguenza, questa assumerà gli obblighi derivanti dalle nuove linee di debito. E anche se nel periodo 2020-21, Moody's prevede che «Esselunga continuerà a far crescere le proprie vendite grazie al contributo dei suoi nuovi negozi e alle vendite online», si attende anche «un aumento dei costi operativi, che, combinati con l'alta competitività del settore potrebbe esercitare una pressione sui margini della società». Per non parlare dell'incertezza attuale. «Questa transazione - contestualizza Ernesto Bisagno, vicepresidente di Moody's - arriva in un momento difficile per l'indebolimento delle condizioni economiche dovute allo scoppio del coronavirus in Italia, principalmente in Lombardia, il mercato principale di Esselunga» (66% dei ricavi del gruppo, ndr). In questo quadro, Moody's si aspetta che Esselunga «possa cambiare la politica finanziaria con una gestione del bilancio più aggressiva», sul fronte dei dividendi dunque, nonostante storicamente sia stata sempre conservativa. Il futuro di Esselunga sta, dunque, per cambiare sotto tanti punti di vista e non è detto che non si arrivi alla tanto ipotizzata quotazione. «Eliminati i contrasti familiari commenta Massimo Gionso di Cfo sim i soci nuovi hanno le mani libere. E con un debito più alto del previsto non escludo una possibile Ipo. Questo anche se i tempi saranno lunghi, di certo non prima di un anno».