Cosa sappiamo di ItsArt, la società che dovrà realizzare la “Netflix della cultura italiana”

Il nome e il logo sono stati svelati solo da qualche giorno. Ma hanno già sollevato non poche perplessità su Itsart, la società nata per realizzare quella che il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, ha pomposamente definito “la Netflix della cultura italiana”. Qualcosa di più sulla struttura e sul funzionamento della spa, partecipata al 51% da Cassa depositi e prestiti (Cdp), la cassaforte incaricata di amministrare il risparmio postale e controllata dal ministero dell’Economia e delle finanze, e al 49% Chili tv, che si occupa di distribuzione di audiovisivi, emerge dai primi documenti depositati in Camera di commercio.

Sede a Milano, in via Ambrogio Figino 16 (zona viale Certosa, quadrante nord-ovest), dove ha i suoi uffici la stessa Chili, Itsart risulta iscritta all’elenco delle imprese della Camera ambrosiana dalla vigilia di Natale. Il suo compito è “la realizzazione e la gestione di una piattaforma digitale (la “piattaforma cultura”) per la fruizione del patrimonio culturale e di spettacoli”. Quell’archivio di cui ora l’azienda sta facendo scouting, come ha scritto sul suo sito. Wired ha domandato a Itsart, a Chili e a Cdp quali sono i criteri per includere un contenuto nel catalogo della piattaforma o per escluderlo, ma nessuna delle società ha fornito un commento.

La governance dell’azienda

A guidare Itsart c’è Antonio Garelli, presidente del consiglio d’amministrazione. Ed espressione di Cdp, che di fatto ha il controllo dell’iniziativa. Non solo perché suoi sono tre nomi sui cinque che compongono il board. E perché ha il 51% della nuova società. Ma anche perché, come emerge dallo statuto consultato da Wired, le sue azioni (denominate di categoria A) le conferiscono un diritto di voto plurimo nell’assemblea degli azionisti (tre voti per azione) e un placet sul trasferimento delle azioni di categoria B, quelle in mano a Chili. Insomma, se l’azienda fondata nel 2012 da Giorgio Tacchia e Stefano Parisi (quest’ultimo rimasto socio di minoranza) e oggi controllata dal fondo Negentropy vorrà disfarsi di una quota di Itsart in futuro, dovrà ottenere prima il lasciapassare di Cdp.

Garelli, classe 1985, già in Bain & Company, entra nel 2017 in Cassa depositi e prestiti, di cui diventa responsabile per le infrastrutture digitali e sociali. Nel cda siedono anche, lato Cdp, Sabrina Fiorino (responsabile arte e cultura) e Antonio Caccavale (area comunicazione). Per Chili sono presenti Ferruccio Ferrara, fondatore di Negentropy, e Giano Biagini, direttore operativo della piattaforma.

La ricerca dei contenuti

Itsart (crasi per Italy is art, stando all’esegesi del comunicato stampa ufficiale) dovrebbe fornire i primi contenuti nei primi mesi dell’anno, stando a quanto Franceschini ha dichiarato all’agenzia Ansa. Anche in questo caso Wired ha chiesto informazioni alle tre società, senza ottenere risposta. Dalla nota ufficiale emerge che darà accesso a dirette e registrazioni di spettacoli di teatro, danza, concerti e arti performative, offrirà tour virtuali nei musei, visite a festival culturali e un catalogo di film.

Cdp investirà 10 milioni nel progetto, una provvista trasferita dal ministero dei Beni culturali come previsto dal decreto Rilancio. Altri 9 li metterà Chili, “includendodice in una nota tecnologia, cassa e competenze dei management”. La piattaforma di video on demand, che dichiara 4,5 milioni di utenti registrati ed è presente, oltre che in Italia, in Germania, Austria, Polonia e Regno Unito, ricorda sul suo sito “di aver partecipato nel mese di agosto 2020 a una gara insieme agli altri principali player di mercato – pubblici e privati, italiani e non – per costituire una joint venture (jv) con Cdp”. Il dominio Itsart risulta a Wired registrato dal 2 luglio, attraverso la società Corehub.

Per quanto sia stata presentata come un alter ego di Netflix, se Itsart replicherà il modello di Chili, avrà un sistema di pagamento diverso, che prevede l’acquisto di ogni contenuto a differenza dell’accesso pieno al catalogo come sulla piattaforma de La casa di carta e Black Mirror. Wired ha chiesto chiarimenti sui partner tecnologici coinvolti nel progetto, sulle partnership estere allo studio (che rispondono all’obiettivo di diffondere la cultura italiana oltre confine), sul numero e tipo di proposte di contenuti già approvati, senza avere risposta. In un suo comunicato Cdp fa sapere che “la piattaforma coprirà tutti i principali canali distributivi – smart tv, smartphone, tablet, pc – e sarà compatibile con il maggior numero di devices e sistemi operativi sul mercato”. E che il progetto “è aperto alla futura collaborazione della Rai”. Il convitato di pietra del progetto, che tra Rai cultura, Rai storia e Raiplay, già possiede contenuti e piattaforme di cui Itsart si vuole fare promotrice.

[Ha collaborato Raffaele Angius]

The post Cosa sappiamo di ItsArt, la società che dovrà realizzare la “Netflix della cultura italiana” appeared first on Wired.