Ok, il prezzo del cloud è giusto

Large Cloud
in esposizione a The Art of The Brick (Foto: Maurizio Pesce / Wired)

Tra i 100 e 120 euro l’anno per 2 terabyte di spazio virtuale: tanto costa in media custodire i nostri file digitali nel cloud. Poi c’è chi propone l’incredibile: 3 euro circa per 5 tera per un anno o 350 euro per sempre. Promozioni speciali certo, però è vero che negli ultimi anni lo sviluppo di nuove tecnologie pensate per raccogliere la memoria digitale del mondo ha fatto sì che i prezzi scendessero. Ma conviene davvero spendere meno? Qual è il discrimine tra prezzo e qualità dei servizi cloud? E, soprattutto, a cosa dobbiamo fare attenzione quando decidiamo di spostare i nostri file su una “nuvola”? Proviamo a fare chiarezza.

A che serve il cloud?

In tempi di smart working, per esempio, condividere i documenti di lavoro in remoto con i colleghi richiede l’uso di un servizio cloud. Più in generale, conservare documenti e contenuti multimediali online, invece che su un hard disk, ci permette di accedervi da qualsiasi luogo e anche di condividerli facilmente. Con le reti sempre più veloci, i servizi cloud forniscono infatti un accesso rapido a tutti i nostri dati e il backup online, come nel caso degli smartphone.

Il prezzo giusto

Non è facile stabilire il prezzo giusto di un buon servizio cloud. È il mercato a livellarli anche se le promozioni in corso abbassano continuamente l’asticella. Per esempio su Google Drive 100 giga costano 20 euro all’anno e 2 tera 5 volte tanto: 100 euro all’anno. Lo stesso formato su Dropbox costa 20 euro in più (120 euro l’anno) idem su Amazon Web Services. Ma appena si lascia la terra dei ott, ecco spuntare una miriade di sigle che offrono spazio virtuale a prezzi incredibilmente bassi. Ne sono un esempio pCloud che per 2 tera di spazio cloud chiede 350 euro ma a vita o iDrive che chiede 3 euro per 5 tera per un anno (poi però il costo sale). Ora, premesso che questi servizi esistono da anni e vantano diversi milioni di utenti, quanto c’è da fidarsi visti i prezzi bassi?

Cosa guardare al momento di scegliere il nostro cloud?

Tra le precauzioni che bisogna prendere nello scegliere a chi affidare i nostri dati – spiega Sergio Patano della società di consulenza Idc – alcune sono legate al buon senso e riguardano l’affidabilità dell’operatore (la rete consente di controllare anche velocemente chi opera il servizio e dove risiedono i data center in cui finiranno i miei dati), le caratteristiche del servizio (sempre pensando alle fotografie, queste sono archiviate nel formato e nelle dimensioni originali oppure vengono compresse perdendo di qualità e valore?), infine tutto quello che è inerente alla privacy: i nostri file vengono acceduti da qualcun altro? Sono utilizzati anche in modo anonimo per analisi statistiche? Se decidiamo di cambiare fornitore possiamo farlo senza costi di uscita? E abbiamo la ragionevole certezza che i nostri dati verranno effettivamente cancellati?”. Non solo. Ogni servizio basato su internet può subire interruzioni occasionali. Ecco perché se decidiamo di archiviare sul cloud file importanti, per esempio potrebbe essere utile scegliere un provider che abbia un servizio clienti efficiente (e semmai in italiano).

Quanto sono sicuri i nostri dati sul cloud?

In un articolo pubblicato su The Conversation, Haibin Zhang, docente di Computer Science all’Università del Maryland (Usa), scriveva: “I dati depositati nel cloud in effetti sono sempre archiviati in forma criptata, e per poter accedere alle informazioni che contengono un intruso dovrebbe quindi prima riuscire a craccarli. Ma come esperto di cloud computing e sicurezza del cloud ho notato che le chiavi con cui si decriptano questi file sono custodite in luoghi differenti a seconda del provider scelto. E che, in aggiunta, esistono dei sistemi relativamente semplici con cui un utente può potenziare la sicurezza dei proprio dati ben oltre i livelli garantiti dalla piattaforma cloud che utilizza”.

In pratica il problema è chi custodisce la chiave per accedere ai nostri file. La maggior parte dei servizi cloud la custodiscono loro, sbloccandola quando vi accediamo inserendo la password. Ma ci sono anche servizi minori, come Mega o SpiderOak, che, spiegava sempre Zhang: “richiedono agli utenti di caricare e scaricare i file utilizzando client che includono una funzione di criptaggio dei dati. Questo passaggio aggiuntivo permette di mantenere la custodia della chiave di decrittazione. Ma per avere questo ulteriore livello di sicurezza bisogna rinunciare ad alcune funzionalità, come ad esempio la possibilità di eseguire ricerche all’interno dei file archiviati nel cloud. Anche questi servizi però non sono perfetti. Esiste sempre la possibilità che le app con cui si caricano e scaricano i file siano compromesse o vengano hackerate”.

Come rendere sicuro il nostro spazio sul cloud?

Secondo Zhang per massimizzare la sicurezza del cloud storage la cosa migliore che possiamo fare è caricare i dati nel cloud, già criptati in modo che siano cifrati. Questo però non va bene per tutti i nostri file, ma solo per quelli che usiamo meno. In definitiva il cloud è un’ottima soluzione per archiviare i nostri file ed è anche economica, a patto però di saperlo utilizzare. Per esempio possiamo duplicare gli archivi su due servizi diversi, in modo da avere una copia di emergenza, oppure usare i servizi più economici per file meno preziosi e acquistare spazio ad hoc da un provider sicuro, anche se più costoso, per quelli più importanti, semmai dopo averli criptati con un software: piccole precauzioni per rendere le nuvole un posto sicuro per i nostri file.

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