Def: da flessibilità Ue tesoretto di quasi 18 miliardi. Padoan: “Grazie alle riforme possiamo chiedere di più all’Ue”

Il governo tira dritto e nella relazione di accompagnamento alla Nota di aggiornamento al Def inviata alle Camere, fissa l’asticella della possibile flessibilità ottenibile sul deficit ad un massimo di 17,9 miliardi. Un valore superiore con i decimali ad un punto di Pil ma che poi, per l’arrotondamento, rientra negli spazi che l’Italia punta a chiedere. Ottenerla tutta, facendo appello alla Commissione europea anche per fronteggiare l’emergenza migranti, significherebbe coprire con le risorse liberate sull’indebitamento la maggior parte della manovra per il prossimo anno, che Matteo Renzi ha già quantificato in 27 miliardi di euro.

In pratica, se riconosciuti da Bruxelles – che si prenderà tempo fino alla lettura del testo completo della legge di stabilità per giudicare -, i 17,9 miliardi sarebbero uno spazio di manovra derivante per 3,3 miliardi dalla “circostanza eccezionale” del fenomeno migratorio, pari a 0,2 punti di Pil, per circa 5,4-5,5 miliardi dalla clausola investimenti (che richiede un cofinanziamento da parte dell’Italia) e per i rimanenti 9,1-9,2 miliardi dalla flessibilità (in parte già ottenuta) per le riforme. Cifre che permetterebbero a Roma di rispettare le regole Ue e allo stesso tempo di dare all’economia la spinta necessaria per rimettersi definitivamente in piedi. E per il governo Renzi, la spinta all’economia è legata, da sempre indissolubilmente, al taglio delle tasse. Solo così, nella strategia dell’esecutivo, si possono rilanciare i consumi delle famiglie da una parte e gli investimenti delle imprese dall’altra.

Il rischio, delineato dal ministro dell’Economia Pire Carlo Padoan, è altrimenti quello di incappare in una pericolosa trappola della liquidità, in cui il denaro non circola abbastanza, e in cui, per di più, l’inflazione attualmente troppo bassa può trasformarsi da un momento all’altro ancora in deflazione (deleteria per i nostri conti pubblici). Il ragionamento non convince comunque le opposizioni. Per il presidente dei deputati di Fi, Renato Brunetta il Cdm di ieri “ha più che altro approvato deficit”. Il M5s ritiene invece troppo ottimistiche le stime sulla crescita: parla così di “numeri a casaccio” e di un lieve aumento del Pil dovuto al caldo che ha allungato la stagione turistica ma anche “dato in testa al premier”.

Nel Def, comunque, dopo il bonus da 80 euro e la riduzione dell’Irap, nel 2016 è ormai scontata l’eliminazione delle clausole di salvaguardia, che farà scendere la pressione fiscale al 42,6%. Il peso del fisco si ridurrà ancora con la cancellazione di Tasi e Imu e con l’intervento sull’Ires nel 2017. Il taglio dell’imposizione sugli utili d’impresa è menzionato nella Nota come capitolo da annunciare già nella stabilità del prossimo anno, ma sulla carta la prospettiva d’azione si ferma per il momento qui, senza spingersi, come ha fatto invece il premier, alla riduzione dell’Irpef programmata per il 2018.

Secondo quanto delineato nel Documento di economia e finanza, la manovra sarà comunque probabilmente già dall’anno prossimo anche la sede per incentivare gli investimenti privati (probabilmente con detrazioni ad hoc), per rilanciare l’occupazione (con un tasso di disoccupazione finalmente sotto il 12% il prossimo anno), per misure anti-povertà e a favore del Mezzogiorno. Ancora incerto è invece un intervento più o meno massiccio sulle pensioni. Qualche aggiustamento, su opzione donna ad esempio, potrebbe rientrare ma è ancora allo studio l’ipotesi, cara al premier, di un’uscita anticipata dal mondo del lavoro.

Accanto alle prospettive per il prossimo anno, il governo ha peraltro fornito anche i dati aggiornati sulla lotta all’evasione, inseriti in un apposito rapporto che sintetizza i risultati raggiunti. Quest’anno si farà un pò meglio dello scorso anno, con il recupero di 12 miliardi, mentre quello che emerge – un dato già diffuso in passato ma che il Def ripropone – è anche che tra 2007 e 2013, il valore delle imposte sottratte a tassazione si è attestato a 91,4 miliardi, in calo del 2,3% rispetto al periodo 2001-2006.

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