2017: O LA VA O LA SPACCA

Per l’Industria della moda: da qui si finisce o da qui si ri-parte? Segnali di ripresa ne abbiamo? E intanto KnowTheChain, istituto di ricerca made in California, ha condotto un’indagine sul fenomeno del così detto “lavoro forzato”, ovvero la consuetudine di proporre contratti di lavoro a termine e a basso costo. E scopriamo che.

Motori accesi per la novantunesima edizione di Pitti Uomo, in programma dal 10 al 13 gennaio a Firenze, una edizione a quanto pare stellare, all’insegna di musica e ballo; subito dopo, ready to start per settimana della moda maschile di Milano in scena dal 13 al 17. “Un calendario” – così ha dichiarato Carlo Capasa, presidente della Camera della Moda Italiana – “frutto dei continui e repentini cambiamenti del settore, che non mancherà di stupire e affascinare, anche grazie ad alcune nuove e ritrovate presenze che renderanno i 5 giorni in programma un palcoscenico privilegiato in quanto a forza, innovazione e internazionalità”. Trentasette sfilate in programma contro le trentacinque dell’ultima stagione, segno di una ripresa appena visibile che però ripresa è, contro ogni pronostico o previsione disastrosa: dopo la bufera del see now – buy now e la dilagante strategia dell’unificazione delle sfilate uomo/donna, i brand del lusso tornano in corsa, puntando ognuno distintamente sul proprio e personale cavallo vincente. Alcuni, per ora pochissimi tra i quali Gucci e Bottega Veneta, hanno deciso di privilegiare febbraio e la settimana dedicata alla moda donna per presentare anche la collezione maschile, mentre la maggior parte dei brand di prima linea che non hanno nessuna intenzione di relegare l’abbigliamento maschile ad una sorta di complemento di quello femminile, rimarranno fedeli a gennaio e al calendario maschile.

Tra i momenti più attesi: il ritorno di Alessandro Sartori da Ermenegildo Zegna, che nella serata del 13 gennaio svelerà la sua prima collezione. Altrettanta curiosità per Francesco Risso al debutto da Marni dopo l’inaspettato abbandono di Consuelo Castiglioni e per Lee Wood alla sua prima esperienza da Dirk Bikkembergs. Tanti anche i marchi emergenti pronti per la “prima volta” sulle passarelle: attesissimo il défilé di Federico Curradi, toscano dock e newyorkese di abitudine, dopo il successo ottenuto alla passata edizione invernale di Pitti Uomo; alla loro prima volta anche Cédric Charlier, Billionaire, Malibu 1992, Plein Sport, Wood Wood. Ci sono poi i designer della nuova generazione, vera perla di bellezza di una settimana dedicata alla moda maschile, pronti a entrare in scena grazie all’appoggio filantropico di Giorgio Armani, da qualche anno fortemente impegnato a promuovere la nuova moda e i suoi protagonisti: così martedì 17 gennaio, in un’unica giornata, l’Armani Teatro ospiterà Moto Guo dalla Malesia, Consistence da Cina e Taiwan e Yoshio Kubo dal Giappone. “Milano sta vivendo un momento di grande fermento estetico e culturale, del quale la moda è parte attiva, per questo ho deciso di ampliare e strutturare la mia iniziativa a favore dei designer di maggiore talento per creare una giornata unica e stimolante nel calendario” ha detto Armani, confermando lo strenuo impegno non solo a difendere, ma soprattutto a valorizzare una Milano Moda frequentemente attaccata e mal difesa, spesso vittima di protagonisti che prima baciano e poi tradiscono, troppo spesso dimentichi di quel made in Italy che non è solo etichetta ma valore, casa e appartenenza.

Nel frattempo, l’Antitrust Europeo rende noto di aver condotto una indagine sui brand del lusso che ricorrono ai servizi di e-commerce, cavallo di battaglia e porto sicuro per tante griffe e luxury store che al commercio online devono il proprio certificato di buona salute. L’indagine, condotta su 1800 società e 8000 distributori e conclusasi lo scorso settembre, metterebbe in luce un evidente comportamento scorretto da parte di produttori di beni di lusso e distributori degli stessi, alleati in una sorta di gioco per tenere alti i prezzi a scapito dei regolamenti e delle restrizioni applicabili sulle vendite transfrontaliere. Una bella botta, quindi, per quelle aziende che a marzo prossimo, quando la sentenza verrà pubblicata, dovranno ammettere di aver alterato gli scontrini, pagando una multa pari al 10% del proprio fatturato. Come se tutto questo non fosse già abbastanza, a rincarare la dose ci ha pensato KnowTheChain, istituto di ricerca made in California, che ha condotto una ricerca sul fenomeno del così detto “lavoro forzato”, ovvero la consuetudine di proporre contratti di lavoro a termine e a basso costo. Quali sono le aziende del fashion system realmente impegnate per estirpare questo dannoso fenomeno? I risultati prodotti dall’istituto californiano non sono purtroppo incoraggianti: la classifica stillata vede premiare aziende del fast fashion come Gap (77/100), H&M e Lulemon Athletica (69/110); prima fra tutte Adidas (81/100), mentre le grandi griffe del lusso subiscono l’onta della vergogna, attestandosi alle ultime posizioni!

Una ragione pur debole per questo risultato sconvolgente va ricercata, secondo Killian Moote, direttore dell’Istituto di ricerca, nel fatto che alcune fra le aziende del fast fashion sono state coinvolte in scandali sulle condizioni di lavoro dei propri dipendenti, obbligando quindi le stesse a tutelarsi impegnandosi a migliorare di non poco le condizioni dei propri lavoratori. Opportunismo a parte, i pessimi risultati ottenuti dalla maggior parte delle griffe lasciamo molto da pensare: non sono molto lontani i tempi in cui Milena Gabanelli e Report si scagliavano contro il mondo del lusso denunciandone le profonde ombre, scatenando lo scandalo popolare. Eppure, “molto rumore per nulla” direbbe Shakespeare, tutto lo scandalo è finito nuovamente sotto formaldeide, pronto per essere archiviato e dimenticato, stemperato da qualche testa incensata e un paio di dolci sorrisi. Meccanismo di autodifesa della mente umana, si direbbe in psichiatria, incapace di accettare che il lusso e i suoi protagonisti altro non sono che uomini e donne di questo mondo, ben distanti dal somigliare a dei privi di malizia e difetti, dispensatori di desideri e sogni privi di peccato originale. Bufere e schiarite, dunque, su un fashion system in evoluzione, impegnato non solo ad adattarsi ai famosi tempi che cambiano, ma soprattutto a ridefinire una identità personale annacquata, trascurata o sacrificata in nome di un mercato globale che detta tendenze e regole spesso spersonalizzanti, autocratiche e svilenti.

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