Marketing sul campo: il dumping contrattuale a rischio cause di lavoro

C’è la ragazza del «compra due confezioni e la terza è in omaggio», l’esperto di vini che ti invita alla degustazione, il team che allestisce totem per dare visibilità ai prodotti. È il vasto mondo del field marketing o marketing operativo, un settore le cui attività spaziano dal promoting al merchandising, al servizio di clienti che, spesso e volentieri, sono multinazionali con in portafoglio marchi importanti – dal food alla cosmesi – interessate a presidiare meglio Gdo e non solo.

Il comparto in Italia conta 90 imprese per un giro d’affari di 500 milioni e 50mila addetti. Il problema è che almeno un terzo di questi ultimi riceve un trattamento al di sotto degli standard del contratto nazionale di riferimento che è quello del terziario distribuzione e servizi, con retribuzioni più basse e addirittura gabbie salariali. La denuncia non arriva dai sindacati ma da Anasfim, associazione di categoria che riunisce le 60 maggiori imprese di settore. «Abbiamo concorrenti – rimarca con forza il presidente Nicola Augello – che, alla faccia della legislazione vigente, praticano dumping contrattuale ottenendo un costo del lavoro inferiore del 30% rispetto a chi rispetta il ccnl di riferimento». Ecco perché il 3 maggio, presso la sede di Confesercenti a Roma, Anasfim ha organizzato un seminario sul tema nel quale annuncerà l’intenzione di procedere a denuncia formale nei confronti di alcune situazioni di illecito. Ma come si è arrivati al quadro attuale? In passato i lavoratori del settore erano nella maggior parte dei casi para-subordinati.

Almeno fino a che, nel dicembre del 2012, Anasfim sottoscrisse con Fisascat e Uiltucs un accordo quadro di secondo livello che prendeva come riferimento il ccnl terziario e servizi, consentendo la trasmigrazione degli addetti al lavoro subordinato, seppure a condizioni più flessibili. La “rivoluzione”comporta un aggravio del costo del lavoro pari al 25 per cento. Numerose aziende non associate scelgono tuttavia di non uniformarsi al nuovo scenario, adottando i contratti di lavoro più diversi (di primo e secondo livello) pur di ottenere condizioni più vantaggiose.
Da allora c’è stata la redazione di un documento sulle best practice da parte di CentroMarca e una nota di chiarimento del ministero del Lavoro che ha indicato strumenti per sanzionare le aziende poco virtuose, ma soprattutto il Dl. 25/2017 che ha introdotto il criterio di responsabilità solidale per i committenti che si rivolgono a imprese di marketing operativo con i lavoratori non in regola. Tradotto: se chi produce merendine, vini o profumi ricorre, per le proprie campagne promozionali, a società che non rispettano il ccnl, rischia di ritrovarsi egli stesso destinatario di una causa di lavoro.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *