E-commerce: dove intelligenza artificiale e shopping si incontrano
L’e-commerce e l’intelligenza artificiale
L’e-commerce è in pieno boom: secondo una ricerca recente, in Italia nel 2016 un ammontare di quasi 20 miliardi, tra beni e servizi, è stato scambiato sui canali del commercio elettronico, ben il 32% in più rispetto all’anno precedente. Quello italiano è ormai il quinto mercato online in Europa, con un avvicinamento costante a chi è davanti a noi. Merito sicuramente delle offerte Internet sempre più convenienti, ma anche di una tecnologia sempre più affidabile da ogni punto di vista. Sia chiaro: non tutto funziona sempre ben e soprattutto chi non ha dimestichezza con il mezzo informatico può avere ancora oggi delle resistenze.
Può l’intelligenza artificiale – il grande tema di questi anni, ormai nella pratica e non più soltanto nei film e romanzi di fantascienza – rivoluzionare le nostre abitudini di acquisto e, soprattutto, il modo con cui facciamo shopping? Le aziende sono pronte a scommetterci, visto che una delle più grandi barriere dell’e-commerce è proprio il senso di frustrazione che deriva da risultati poco attendibili quando si fa una ricerca.
Pensateci: quante volte vi è capitato di cercare un prodotto e vedere tra i risultati delle proposte inutili, per nulla in linea con quanto avevate chiesto? Se tutto questo accade più di rado nei siti delle grandi aziende, come Amazon, per le piccole realtà può diventare davvero frustrante. Ed è proprio qui che l’intelligenza artificiale può dare un mano, fornendo all’utente un’esperienza d’uso più intuitiva ed efficiente.
Ricerche e filtri: i problemi
Il primo problema è, appunto, quello della ricerca: spesso un oggetto non può essere descritto adeguatamente solo dal suo nome (una borsa di marca può essere di pelle, con il logo della casa, a bauletto, a secchiello, con chiusura a lucchetto…) e una query dà troppi risultati in cui navigare è assai difficoltoso.
A ovviare di solito ci sono i filtri, che però a loro volta possono complicare ulteriormente l’acquisto con troppe variabili (senza che ci siano quelle giuste) e scarsa usabilità, soprattutto se quando se ne varia solo uno bisogna fare tutto da capo.
Da rivedere anche i suggerimenti, le offerte speciali e i bundle, che nella maggior parte delle volte – quando sono compresi – si limitano a dare dei consigli in base alla nostra cronologia di navigazione o quella di altri utenti.
Dall’approccio statico al dinamico
L’intelligenza artificiale e il machine learning hanno potenzialità molto più ampie, se applicate a dovere all’e-commerce: possono ad esempio trarre conclusioni e quindi suggerimenti più approfonditi analizzando la nostra sessione di ricerca in modo “smart” (che parole abbiamo digitato, che categorie abbiamo visto e per quanto tempo e così via), in modo da proporci filtri personalizzati. In altri casi, l’intelligenza artificiale, basandosi su algoritmi in grado di interpretare il linguaggio naturale, potrebbe fare collegamenti tra oggetti apparentemente diversi, ma che per gli utenti hanno un legame impossibile da descrivere con semplici categorie.
L’approccio, quindi, diventerebbe dinamico e non più statico: le offerte e i suggerimenti sarebbero in altre parole elaborati in tempo reale in base al comportamento dell’utente in quel momento specifico. I vantaggi derivati non sarebbero solo per i consumatori, che risparmierebbero minuti preziosi trovando subito quello che cercano; ma soprattutto per le aziende, visto che da una parte una maggiore usabilità darebbe una spinta notevole all’e-commerce, mentre dall’altra i costi di reso potrebbero ridursi.
L’esempio di Tooso
Tra le aziende che stanno studiando proprio come applicare l’intelligenza artificiale all’e-commerce c’è Tooso, un software pensato per essere venduto e installato sulle pagine dedicate all’e-commerce di negozi e retailers e creato da tre professionisti e studiosi italiani, esperti in linguistica, neuroscienze e informatica: Ciro Greco, Jacopo Tagliabue e Mattia Pavoni.
Tooso (che in giapponee vuoil dire “collegamento”) è stata selezionata da uno dei più noti incubatori di startup della Silicon Valley, Alchemist Accelerator, e si basa sullo sfruttamento della struttura sintattico-semantica del linguaggio nei vari idiomi. In altre parole, in una query il software analizza le parole chiave, la loro posizione, i loro nessi e li interpreta ottimizzando il risultato, per di più imparando in base allo storico delle nostre richieste.
Per fare un esempio, il database di RottenTomatoes, uno dei più noti siti di recensioni e valutazioni di film, con l’algotirmo di Tooso può essere interrogato con query molto più complesse e naturali del solito, ad esempio “l’ultimo film con Mel Gibson” o “il peggior film di Woody Allen”.
Applicato all’e-commerce, questo significa che è possibile “insegnare” alle macchine la comprensione del testo, senza limitarsi a una semplice ricerca in base a un gruppo di keyword. Come hanno dichiarato i fondatori di Tooso: «Quello che abbiamo fatto noi è processare il significato in modo più simile a quello che crediamo essere il modo in cui è codificato dalle lingue naturali. Con Tooso si possono cercare cose in modo preciso e aspettarsi una risposta precisa, non un insieme di oggetti che contengono le parole che abbiamo inserito. Se uno cerca “abito da donna nero di Valentino sotto i 250 euro”, un paio di pantaloni da 500 euro non dovrebbe essere nell’insieme delle risposte a questa ricerca solo perché nella descrizione contiene le parole “donna” e “nero”». Il tutto fornendo anche dati molto interessanti per le aziende su ciò che i clienti si aspettano di trovare in un determinato store online.