eCommerce in Italia tra crescita, problematiche e prospettive

Secondo l’ultimo report del Politecnico di Milano, l’eCommerce B2C italiano continuerà a crescere anche nella seconda parte del 2017. Confrontando questi dati con quelli del 2016 è possibile verificare come il commercio online abbia registrato aumento del 16% con un valore degli acquisti effettuati dai consumatori italiani che si attesta sui 23,1 miliardi di euro. In particolare è il settore food & grocery ad aver registrato la crescita più importante (+37%), passando da 593 milioni di euro a 812. Crescita a doppia cifra anche per altri settori come arredamento (+27%), abbigliamento (+23%), elettronica (+26%) ed editoria (+18%).

Uno dei dati più interessanti della ricerca è quello che mostra la domanda da smartphone: nel giro di un solo anno gli acquisti da dispositivi mobile sono aumentati del 50%.
I dati raccolti dal Politecnico, in collaborazione con l’Osservatorio eCommerce B2C, pur mostrando dei dati in cui spicca un generale aumento degli acquisti attraverso la Rete, non si può fare a meno di notare come, a differenza di altri paesi, l’offerta agli ebuyer sia nettamente inferiore, nonostante il numero sempre maggiore di utenti disposti ad acquistare con i propri dispositivi elettronici. I risultati soddisfano parzialmente anche perché quest’anno l’Italia perde terreno rispetto ai mercati stranieri con cui ci si confronta solitamente (Francia, Regno Unito e Germania).
Porre dei quesiti agli esperti del settore rappresenta senza dubbio il modo migliore per tentare di comprendere le varie sfumature di questo ambito. Per questo motivo abbiamo intervistato Giovanni Cappellotto (consultente eCommerce e Retail), Fabio Plebani (Country Manager di Idealo Italia) e Daniele Rutigliano (consulente eCommerce).

Strumento fondamentale con cui l’ebuyer effettua gli acquisti è lo smartphone: circa un terzo della popolazione italiana (21 milioni) ha fatto compere con un dispositivo mobile. Il motivo, secondo il guru dell’eCommerce Giovanni Cappellotto, è che «la navigazione su smartphone è immediata. Abbiamo in tasca in tutti i momenti della nostra giornata uno smartphone e se gestito bene è possibile definire un acquisto tramite questo dispositivo, come acquisto d’impulso». I gestori di piattaforme eCommerce potrebbero sfruttare ancora meglio il dato favorevole, implementando nuove funzionalità al servizio, così da agevolare il processo d’acquisto e di conseguenza i loro utili. «Da venditore bisogna stare attenti a tenere un carrello persistente, anche perché spesso il processo d’acquisto può iniziare su mobile ed essere completato in un momento successivo da altre piattaforme», sottolinea l’esperto ai nostri microfoni. Processi di check-out rapidi, poche domande sul cliente e sistemi di pagamento automatici aiutano sicuramente ad aumentare la percezione della sicurezza del cliente che sarà più invogliato ad acquistare da una determinata piattaforma.
Il report sull’eCommerce del 2017 di Casaleggio Associati segnala un giro d’affari di circa 510 milioni di euro, con il 57% della popolazione europea che ha fatto almeno un acquisto online. Se è possibile considerare questi dati soddisfacenti, quelli sull’offerta lo sono decisamente meno: infatti, solo il 16% delle PMI dispone di una piattaforma per il commercio elettronico e la metà di queste non vende oltre i propri confini. Il motivo, come ci spiega Cappellotto, è da ricercare nella spesa di trasporto per spedire i prodotti all’estero, ma non solo: «per me gli ostacoli principali sono legati a diverse normative che dovrebbero agevolare la vendita: dal punto di vista dell’IVA se supero i 38mila euro di vendita in Francia devo aprire una partita IVA francese, 100mila in Germania e così per ogni paese dell’eurozona. Questo è un costo per le imprese: un costo di gestione è un carico contabile notevole. Se ci fosse un’armonizzazione della gestione dell’IVA tra le vendite transfrontaliere aumenterebbe la possibilità di collocare un proprio prodotto all’interno dei vari mercati, sempre tenendo presente che l’imposta viene pagata e poi distribuita tra gli stati».
Altro appunto sull’eCommerce italiano è riferito ai venditori, spesso poco inclini ad apprendere il modo di ragionare di tedeschi, inglesi e francesi per adattare la propria offerta ai singoli mercati. Infatti, «ci sono molti più italiani che comprano abbigliamento in Inghilterra, che inglesi che comprano abbigliamento in Italia; questo perché non siamo in grado di far conoscere il nostro prodotto negli altri paesi», continua l’esperto.

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